Non aveva avuto certo un’infanzia facile Segantini, figlio di Agostino e di Teresa Lovata, nato il 15 gennaio 1858 ad Arco di Trento, quindi cittadino dell’impero asburgico. «Nel corpo, ove il destino l’anima mia collocò, ebbi molto a lottare. Fu esso abbandonato orfano a sei anni», aveva scritto in un abbozzo di Autobiografia. In effetti la mamma era morta a soli 29 anni. Per il piccolo Giovanni erano stati anni durissimi. Prima relegato in una casa angusta mentre sorellastra e fratellastro lavoravano. Poi rinchiuso al Marchiondi.
Da questa infanzia così dura Segantini ereditò la prosa sgrammaticata di chi non ha mai frequentato una scuola e, come lui stesso scrisse, ereditò «un sentimento di pietà per tutti i miserabili».
Nel 1879 però la sua vita aveva svolato. Un suo quadro dipinto su un supporto di fortuna, un vecchio paracamini, viene notato dalla giuria dell’esposizione di primavera dell’Accademia e acquisito dalla Società di Belle Arti.
Nell’autunno del 1881 l’artista può realizzare il sogno di lasciare Milano per andare a vivere in un ambiente a lui, nato tra le montagne, più congeniale. Si trasferisce a Pusiano, nell’alta Brianza. «La Natura era divenuta per me, come un istrumento che suona- va accompagnando ciò che cantava il mio cuore». Era la situazione tanto desiderata per poter dare immagine e voce a quella speranza coltivata negli anni dell’Accademia.
In questi anni brianzoli Segantini lavora a quadri che lui definisce “opere pastorali”, in cui si coglie una sincera tensione religiosa. Tra queste, tra il 1882 e il 1884, Segantini lavora al soggetto, tutto suo, del Bacio alla croce.