Una newsletter per approfondire il Volantone di Pasqua 2025
Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui Nell'Anno Giubilare dedicato alla speranza, le frasi scelte per il Volantone di Pasqua si collocano nel cammino che la Chiesa ci propone, invitandoci a fare Pasqua con Cristo che "ancora oggi passa, trasforma, libera". Così la sua "vittoria sulla morte" è anche una "vittoria sulla vita". Si tratta di una frase del Papa, tratta dall'Omelia del Sabato Santo del 16 aprile 2022, e una di don Giussani, tratta dal suo intervento agli Esercizi Spirituali della Fraternità di CL del 2004. L'intervento completo di don Giussani è presente in Dare la vita per l’opera di un Altro, a p. 210. |
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«La vittoria di Cristo è una vittoria sulla morte. E la vittoria sulla morte è una vittoria sulla vita. Tutto è un bene che sta per nascere ai confini del nostro orizzonte di uomini» Luigi Giussani |
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| Il video volantone di Pasqua |
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di Giuseppe Frangi Anticipazione da Tracce n. 4 aprile 2025 |
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Non aveva avuto certo un’infanzia facile Segantini, figlio di Agostino e di Teresa Lovata, nato il 15 gennaio 1858 ad Arco di Trento, quindi cittadino dell’impero asburgico. «Nel corpo, ove il destino l’anima mia collocò, ebbi molto a lottare. Fu esso abbandonato orfano a sei anni», aveva scritto in un abbozzo di Autobiografia. In effetti la mamma era morta a soli 29 anni. Per il piccolo Giovanni erano stati anni durissimi. Prima relegato in una casa angusta mentre sorellastra e fratellastro lavoravano. Poi rinchiuso al Marchiondi. Da questa infanzia così dura Segantini ereditò la prosa sgrammaticata di chi non ha mai frequentato una scuola e, come lui stesso scrisse, ereditò «un sentimento di pietà per tutti i miserabili». Nel 1879 però la sua vita aveva svolato. Un suo quadro dipinto su un supporto di fortuna, un vecchio paracamini, viene notato dalla giuria dell’esposizione di primavera dell’Accademia e acquisito dalla Società di Belle Arti. Nell’autunno del 1881 l’artista può realizzare il sogno di lasciare Milano per andare a vivere in un ambiente a lui, nato tra le montagne, più congeniale. Si trasferisce a Pusiano, nell’alta Brianza. «La Natura era divenuta per me, come un istrumento che suona- va accompagnando ciò che cantava il mio cuore». Era la situazione tanto desiderata per poter dare immagine e voce a quella speranza coltivata negli anni dell’Accademia. In questi anni brianzoli Segantini lavora a quadri che lui definisce “opere pastorali”, in cui si coglie una sincera tensione religiosa. Tra queste, tra il 1882 e il 1884, Segantini lavora al soggetto, tutto suo, del Bacio alla croce. |
| C’è un filo rosso molto personale che unisce questo soggetto e quello dell’Ave Maria a trasbordo. Lo si trova tra le righe dell’Autobiografia: «Io la ricordo ancora mia madre, e se fosse possibile che si presentasse qui in questo momento davanti ai miei occhi, dopo 31 anno la riconoscerei benissimo». A muovere Segantini è dunque la ferita di una mancanza: quella di una madre persa troppo presto, quando aveva solo sei anni. È la mamma che sulla barca tiene stretto il bambino e gli appoggia la guancia sulla sua. È ancora la mamma che tiene saldamente tra le braccia il bambino, il quale si protende per arrivare alla croce e così poterla baciare: un dettaglio stupendo, per la semplicità e la naturalezza con cui il gesto ci viene restituito da Segantini. La mamma si offre come sostegno affidabile, che permette al bambino di slanciarsi senza timori. Con le due piccole braccia si allaccia ai legni, vi si abbarbica, e quasi stampa il suo volto al centro della croce. Non si scorge nessuna doverosità devozionale nel gesto del bambino, perché la sua mossa scaturisce da una familiarità e un’affettività spontanea e pura; da un “voler bene” a quella presenza evocata dalla croce. Così quando ci mettiamo davanti a questo quadro si resta commossi dall’immaginare il ribelle e anticonformista Segantini abbandonarsi a uno slancio analogo, sintonizzando la sua pittura alla semplicità di cuore che origina il gesto del bambino: fa qualcosa di più che rappresentare la scena. Vi aderisce; o, per dirla con sue parole, realizza un’opera «fusa di un sol pezzo». |
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«A muovere Segantini è la ferita di una mancanza: quella di una madre persa quando aveva solo sei anni. Così sorretto, il gesto del figlio scaturisce da una familiarità pura, un “voler bene” alla presenza evocata dalla croce» |
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| Rivista internazionale di Comunione e Liberazione |
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